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PRESENTA

GHOST RIDER 15

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UOMINI DI PAROLA

Di Igor Della Libera

 

Mark girò lentamente la chiave come se anche quel semplice gesto lo affaticasse. Aveva ancora nelle gambe e soprattutto nella mente la bruciante sconfitta a calcetto. Per quanto si sforzasse non riusciva a dimenticare quella palla che gli era passata davanti senza che lui riuscisse a prenderla.

Non dimenticava nemmeno le urla dell'allenatore e il suo vorticare delle mani quando cercava , cambiando posizione ai giocatori, di riportare in pareggio la gara. Ma la cosa che più lo tormentava, era l'impietoso scorrere dei numeri sul tabellone luminoso. Dal possibile pareggio si era passati all'umiliante sconfitta.

Riviveva ogni goal come una staffilata nella carne. Chiuse la porta alle spalle lasciando vicino alle scale la borsa. Andò in cucina come uno zombie, con le braccia ciondolanti e lo sguardo puntato sul frigo. Pensava di essere solo in casa, invece ad accoglierlo fu la voce del padre. Tradiva tristezza e sconcerto. Tremava come non aveva mai fatto. Era lì seduto su una sedia con le mani intorno ad un bicchiere di liquore. Incrociò il suo sguardo e capì che aveva qualcosa di importante da dirgli.

-Papà...- lo anticipò.

-Mark siediti devo parlarti.- disse l'uomo in cui capelli sembravano ingrigirsi ogni secondo di più.

Gli occhi si socchiusero per un attimo, allungò la mano verso quella del figlio. Il gesto anticipò le parole. Uscirono tutte insieme, ma anche così non fecero certo meno male.

-Mark tu non sei mio figlio.

Mark rimase un attimo interdetto e poi allontanò la mano da quella del padre.

-Ti sei rimesso a bere.

-L'ho fatto quando oggi ho saputo la verità.

-E chi te l'avrebbe detto? C'è stato uno scambio all'ospedale? Vengo da un mondo alieno morente?- provò la via dello scherzo, ma Mark era il primo a non credere che lo fosse.

-Sono venuti due uomini in ufficio. Avevano distintivi del governo. Mi hanno detto che tu appartieni a loro.

-Papà ti rendi conto che quello che dici sembra la brutta trama di un film.

-Ma è la verità.

-E quando dovrebbero venire a prendermi?- virgolettò le parole con le dita.

-Sono già qui.- disse il padre con un filo di voce. Aveva pensato a mille modi per salvare suo “figlio” ma non aveva avuto il coraggio di metterne in pratica uno. La porta che dava sul giardino si aprì e la luce fu oscurata dalle masse di due uomini del governo. Completi impeccabili, occhiali neri a specchio.

-Mark devi venire con noi.- dissero iniziando ad avvicinarsi.

-Chi siete? E' uno scherzo vero? Non esistono persone come voi nella vita reale, il governo fa schifo, ma non veste la gente come uomini in nero.

Lo afferrarono per le braccia e lo trascinarono fuori sotto lo sguardo del padre che come unica risposta alla tragedia portò il bicchiere alla bocca.

 

***

 

 

Il rumore delle onde che sbattevano contro la costa rocciosa accompagno Johnny Blaze fino al faro che dominava dall'alto l'insenatura di Cape Perpetua. Da lì la vista era se possibile ancora più incredibile. Lo sguardo spaziava sul mare che vicino alla costa passava dall'azzurro ad un bianco spumoso.

Alle sue spalle il faro, una costruzione gialla con in cima un pennacchio di legno rosso. Il riflesso del sole rimbalzava sul cannocchiale che spuntava da un punto della ringhiera. Era chiuso e non sembrava esserci nessuno li intorno per aprigli la porta. Si sedette su una roccia piatta e rimase a fissare l'oceano.

Non era lì perché lo spirito nella sua testa gli aveva detto di andare. Aveva incontrato le indicazioni per Yachats quasi per caso. Allo stesso modo aveva preso la strada che l'aveva portato in questo angolo di paradiso.

Non si era fermato in paese. Era stato attirato lì, dal mare. Lui è sempre stato un uomo di terra, ma aveva bisogno di un luogo per stare solo con stesso, per sentire un vento fresco, una brezza gentile sul viso e non quello secco che portava sabbia e caldo con se. Voleva toccare qualcosa che non fosse il cuoio della sua moto o l'asfalto su cui aveva corso per diverse miglia dopo la tragica avventura di Twin Falls.

I soli suoni che interrompevano la quiete erano i versi di alcuni gabbiani. Stavano in cielo, macchie bianche che poi scendevano, fulminee. Radenti l'acqua affondavano il becco tornando nell'aria con le loro prede.

Si distese sull'erba con le mani dietro la nuca a fissare il sole un po' protetto dalle nuvole. Era comunque una giornata calda. Tutto era perfetto. Troppo. Chiuse gli occhi, ma subito qualcosa turbò il suo sonno. L'ombra di un essere con la testa quadrata. Aveva grandi mani grigie con cui lo scosse. Blaze si riprese, ma non si trovò addosso degli occhi o uno sguardo perché la creatura non aveva faccia, solo una superficie piatta. Indietreggiò prima che l'essere parlasse.

-Stai calmo non posso farti del male, sono un parto della tua mente. Sta cercando di farti ricordare cos'è successo. Nel mondo del mio signore e padrone Dormammu sono un senza mente, ma qui nella dimensione onirica del tuo cervello parlo e posso farti da guida.

-Dormammu dici. Ora che ci penso l'ho incontrato di recente. Dopo la faccenda delle streghe. Ero in cerca di qualcosa nel suo mondo. Mi sono trovato, ho dei vaghi ricordi, dentro una prigione. Le pareti erano di pura energia.

-Si e c'ero io e i miei compagni. Siamo gli schiavi senza mente del signore dalla testa di fuoco.

-E' vero ha il cranio che gli va in fiamme, sembra che porti una calza rossa sulla faccia. Non dovrebbe fare paura eppure terrorizza diversi mondi. Onestamente non dovrei essere io quello che fa commenti su gente a cui va a fuoco la testa.

-Vero. Hai trovato quanto cercavi? Tutti i frammenti intendo?

-Frammenti, di cosa? Mi stai aiutando, ma alcune parti sono un po' confuse.

Il senza mente si era seduto al suo fianco. Sembrava la statua del pensatore di Rodin. La testa simile a quella di un pesce martello si voltò.

-E' bello qui, l'aria è fresca non c'è puzza di zolfo e morte. Potresti stare qui per sempre, non sarebbe male.

-Grande idea da parte di uno che si è definito un senza mente.

-Ce l'abbiamo solo non cosciente. Comunichiamo meglio per vie non dirette, telepaticamente o attraverso i sogni.

-Qualcosa mi dice che la pacchia sta per finire.- abbozzò Blaze che non riusciva davvero a capire cosa appartenesse al sogno e cosa alla realtà. Era quasi spinto a credere che l'immaginazione avesse creato quel posto per farlo sfuggire alla verità di una creatura mostruosa e parlante.

D'altronde la sua idea di normalità girava al contrario rispetto a quella che avevano tutti gli altri. Per lui normale era un mostro che cercava di ucciderlo, mentre stare sdraiato al sole su un promontorio che dava sul mare era al massimo qualcosa che aveva visto al cinema o in una cartolina.

-Ho anche io la stessa impressione. Sembra che quando non vai in cerca dei guai siano loro a trovare te.

-Bella novità. E' lo slogan della mia vita.

Il senza mente iniziò a mutare e poi al posto suo si materializzò la canna di una pistola che quasi gli faceva il solletico al naso.

-Alzati senza fare storie e metti le mani dove posso vederle bene.

La voce aveva un che di rauco ma a colpire Blaze fu il riverbero del sole su qualcosa che era appeso alla tasca dell'uomo che lo stava invitando poco gentilmente a seguirlo. Dietro il luccichio comparve, una volta in piedi, la stella di uno sceriffo.

-Sono di passaggio, intendevo rilassarmi un po', se qui non si può stare me ne vado senza che ci sia bisogno di quella.- Blaze indicò l'arma sempre puntata su di lui, sul petto all'altezza del cuore.

-Pensi che fare il furbo ti salverà dall'accusa di omicidio?

-Omicidio? Adesso è evidente che c'è un equivoco

-Vieni con me che te lo mostro io l'equivoco, brutto bastardo.

Lo sceriffo adesso sbraitava, la voce era quasi indistinta, travolgeva Blaze e soprattutto spingeva la cosa dentro di lui ad emergere. Sentiva lo spirito della vendetta nei battiti accellerati, nel sangue che pulsava impazzito. Blaze si coprì la faccia per non far vedere le fiamme nelle sue pupille, negli occhi diventati per qualche istante interminabile orbite di ossa.

-Cos'hai? Sei uno di quei drogati fottuti che si riempiono di merda e poi uccidono le povere ragazze...? Non voleva starci e tu l'hai presa con la forza.

C'era qualcosa di strano in quella escalation verbale, era come se fosse lo sceriffo preda di qualche stupefacente. La bocca sembrava sul punto di saltare da tanto forti erano le urla e il viso era in ebollizione.

-Io non so di cosa stia parlando, che ragazza?

Blaze allungò le maniche sulle mani dove la carne stava sciogliendosi per lasciare uscire le dita scheletriche del Ghost Rider. Anche questa volta riuscì a controllarlo.

-Adesso la vedrai fottuto maniaco.

Blaze si voltò e vide il faro giallo allontanarsi sbiadirsi nell'azzurro del cielo man mano che scendeva verso la costa.

-L'hai trovata sulla spiaggia e l'hai aggredita e uccisa, e poi te ne sei disfatto come fosse spazzatura lasciandola nella sabbia sporca di catrame.

Stava succedendo qualcosa, era come se lui e lo sceriffo fossero connessi a due diverse realtà. In una Blaze stava semplicemente recuperando le forze sperando in un pomeriggio tranquillo fatto di sole e gentile brezza di mare. Nell'altra lo sceriffo aveva trovato il cadavere di una giovane e qualche indizio che portava dritto da Blaze.

-L'ho beccato ragazzi.- disse lo sceriffo rivolto a qualcuno che c'era solo nella sua mente. Indicava i suoi compagni poliziotti dove si profilavano piccoli scogli, più in là per lui c'erano gli infermieri e la portantina con il cadavere strappato alla sua tomba a cielo aperto. In aria le nuvole si stavano raggruppando come animali in un recinto. La luce del sole era sempre più debole e illuminava a strappi la scena.

-Qui non c'è nessuno.

-La vedi? Guarda chi hai ucciso. Ma la ragazza prima di morire ha segnato qualcosa sulla sabbia con le sue dita prima che queste rimanessero come il resto del suo corpo prive di vita.

Blaze sapeva che nel punto indicato dallo sceriffo folle c'era solo sabbia macchiata di nero. Sabbia che le onde sempre più sostenute cancellavano ogni volta che arrivavano a lambire la costa. Il mare, il cielo tutto si stava agitando, ribolliva come la rabbia negli occhi del tutore della legge.

-Basta così. Devo vederci chiaro e c'è solo un modo. E' ora di lasciare il guinzaglio.

-Che stai dicendo?- lo sceriffo aveva avvicinato il dito al grilletto – lo vedete tutti, è questo l'assassino, guardate sulla sua giacca, c'è lo stesso disegno tracciato dalla ragazza prima di morire.

-Ma questa è la marca... chiunque abbia una giacca come la mia potrebbe essere sospettato, sospettato di cosa di aver ammazzato un fantasma? Anzi qui non c'è nemmeno quello.

Blaze si accorse troppo tardi di aver esagerato, di aver innescato la miccia dello sceriffo. L'esplosione fu rapida e crudele come il colpo di pistola che fece scappare i gabbiani dal cielo. Blaze cadde all'indietro colpito allo stomaco dal proiettile.

-Assassino.- disse lo Sceriffo sovrastandolo per dargli il colpo di grazia.

Sotto lo sguardo stupito dell'uomo Blaze iniziò a cambiare, la pelle del viso si squagliò come gelato sul fuoco, emersero le ossa di un teschio. I capelli caddero e sul cranio duro avvampò una fiamma. Mostrò la mano oro scheletrica e sul palmo un bossolo schiacciato.

-Stavi per versare del sangue innocente.

-Sei un mostro, un demonio...- sparò gli altri cinque colpi contro Ghost Rider prima che lo spirito lo sollevasse da terra tenendolo per il collo e affondasse il suo sguardo, penetrante e preciso come un bisturi dentro la sua anima.

-Anche tu sei un innocente e non potrà mai levarsi contro di te la spada infuocata della vendetta. Ma chi ha armato la tua mano e colmato di amara follia i tuoi gesti e le tue parole?

Ghost Rider poteva vedere le aure della possessione materializzarsi intorno ai corpi occupati dal maligno come vapori dagli strani colori. Lo sceriffo era circondato da un vapore nero come inchiostro e dentro il fumo c'erano parole, frasi fluttuanti. La creatura che lo possedeva sembrava fatta di quelle.

-Libera questo povero corpo o ti strapperò da lui con la forza che è solo del Ghost Rider quella che è alimentata dal fuoco infernale della vendetta.

L'aura sembrò gridare, emettere un suono che però si tramutò subito in nuvole di parole. Lo Sceriffo provato svenne sulla spiaggia mentre la creatura veniva spazzata via dal vento, il fumo lasciava spazio solo ad un mulinello di parole destinate a sparire come la forma che componevano.

Ghost Rider si spinse in avanti e con una mano afferrò una delle ultime parole rimaste. La parola si dimenava nella sua stretta come fosse viva.

-C'è scritto bosco. Un indizio per trovare la fonte di questo male. Nel bosco dunque si dirigeranno le ruote infuocate della mia moto.

Blaze trovava insopportabile quel blaterare e come già aveva fatto a Twin Falls salì in cabina di comando. Fischiò attraverso i denti perfetti della sua bocca di teschio e lontano si materializzò una scia di fuoco che lentamente avvicinandosi prese la forma della sua motocicletta. Trasformata però come il suo possessore. Ripartì subito e sfrecciò via illuminando con la sua luce sulfurea quel pomeriggio che volgeva verso la notte più nera.

 

***

 

Mark correva senza guardarsi indietro ma sapeva che gli uomini del governo erano dietro di lui.

Non voleva finire nelle loro mani, non sarebbe tornato da loro anche se gli avevano detto, prima che sfuggisse al loro controllo, che era uno di loro. Aveva corso dalla sua casa fino al piccolo centro cittadino. E solo ora si accorgeva che la gente era nelle strade e gridava. Ognuno sembrava preda di una storia diversa, tutte ugualmente tragiche. C’era chi urlava come il proprietario del negozio di caccia che lui era stato su un isola dove conducevano esperimenti sulle madri incinte. Adesso ricordava, diceva sparando in aria con uno dei suoi fucili. Alcune ragazzine si accapigliavano avevo scoperto di essere tutte fidanzate con il quarterback della loro scuola. La follia arrivava ad ondate e Mark ne era preso in mezzo come un pesce nella rete. C'erano macchine ferme in mezzo alla strada con i conducenti che protetti dietro alle portiere aperte ingaggiavano sparatorie che non esistevano.

Mark si era distratto troppo e così gli uomini in nero lo placcarono gettandolo in terra. Stavano per ammanettarlo quando una fiamma li trafisse consumandoli, riportandoli a quello che erano, parole cucite nel corpo di fumo di un parassita. Lo stesso che il fuoco aveva strappato dal cervello di Mark.

-Un'altra parola. Dopo bosco, baita. Non deve essere un caso.

Ghost Rider era lì in mezzo alla strada e guardava la gente e le loro proiezioni scritte, le stesse che stavano costringendoli a vivere quella finzione tremendamente reale.

-C'è un bel lavoro da fare, sono tutti posseduti da quelle cose, esseri scritti come libri. Sarà che non mi è mai piaciuto leggere, ma questi cosi li trovo davvero fastidiosi.

Iniziò a formare una catena di fuoco e a mulinarla. Corse lungo la strada liberando le persone dagli spettri di parole e così il proprietario del negozio di caccia lasciò cadere il fucile preda di ricordi che non sapeva decifrare, le ragazze tornarono amiche anche se non seppero mai bene perchè si erano strappate i capelli e riempite di graffi. Ad ogni colpo Ghost Rider prendeva una delle parole, una di quelle cellule scritte che componevano gli esseri fino ad ottenere la frase rivelatrice, quella che l'avrebbe portato alla fonte.

Mark si trovò addosso gli occhi cavi del teschio e sentì sulla pelle come insetti la sua voce strisciante.

-Tu sai dov'è una baita nel bosco, ci deve essere una quercia e sul tronco un foro, il nido di qualcosa. Il foro è particolare, ha la forma di un gufo.

-So dov'è.- disse Mark sapendo che la sua vita non era stata rivoltata come un calzino, che aveva ancora un padre in cui credere e che il governo per ora non avrebbe bussato alla sua porta per reclamarlo.

-Ti accompagnerò.

-Salta su.- disse Ghost rider. Le parole umane di Blaze erano in contrasto con l'aspetto dello spirito della vendetta.

-Non mi scotterò?- chiese Mark preoccupato da tutto quel fuoco che avvolgeva le ruote e la sella della moto.

-E' un fuoco che brucia solo chi è colpevole.

-Una volta ho rubato in chiesa.

-Allora al massimo sentirai un po' di caldo alle chiappe.

Mark si strinse la corpo scheletrico di Ghost Rider e insieme sfrecciarono verso il bosco e l'albero che rappresentava l’indizio più importante per trovare la fonte di quella follia.

-Cosa sei?- chiese Mark non avendo però paura del Ghost Rider

-Un uomo posseduto da un demone della vendetta. Ho fatto un patto con il diavolo e come succede sempre non mi è andata bene.

-Un bello stereotipo come...- Mark stava pensando a qualcosa, era rimasta sotto traccia nel suo cervello e adesso liberato dall'incombenza di dover salvare la pelle, riemergeva anche se lentamente.

-Come cosa?

-Come tutto quello che è successo a me e agli altri, stereotipi narrativi come mio padre che dice di non esserlo più, il governo degli uomini in nero...

-L'omicidio di una ragazza il cui cadavere è lasciato sulla spiaggia...- continuò Blaze.

-E quel tipo che parlava di un isola, le cheerleader che si ammazzavano per il quaterback...le finte sparatorie come in tanti film.

-La fonte del potere che ha liberato quei parassiti pieni di parole deve avere a che fare con questa roba.

-Tutti vivevano finzioni che loro credevano essere la realtà. Tante trame che stavano per farci impazzire oltre che spingerci ad ucciderci l'uno con l'altro.

-Fra poco scopriremo perché qualcuno avrebbe dovuto servirsi di un'energia simile, non riesco a capirne il motivo.

-Sarà uno stereotipo anche quello.- ammise Mark mentre Ghost Rider fermava la moto vicino alla quercia. Il foro a forma di gufo era scavato nella corteccia. Non era quello il loro obiettivo, ma la baita che compariva poco più indietro circondata da altri alberi. Una piccola casa di legno dalle finestre sfondate.

-Lì è dove dobbiamo andare.- il dito scheletrico di Ghost Rider tremò nella sua direzione.

-Cosa te lo fa dire?

Solo Ghost Rider poteva vedere le ombre di fumo che si innalzavano intorno alla casa e soprattutto che era completamente ricoperta di scritte come se fosse stata fatta di parole. Parole frasi che ondeggiavano e si contorcevano come serpenti in un nido.

-Rimani qui me la vedrò io con chi si trova lì dentro.

 

***

-Ti aspettavo, chiunque tu sia. In nessuna storia può mancare il confronto finale.

Ghost Rider stava sulla porta che aveva sfondato e guardava chi era di fronte a lui e gli aveva appena parlato con una voce che suonava antica. Antico non era certo l'uomo che lo sfidava, era sui trent'anni, indossava abiti sporchi e sotto il braccio aveva un elmo giallo. Quell'oggetto era la fonte che lo spirito vendicativo cercava. Doveva distruggerlo. Anche in quel momento l'elmo trasudava di parole, liberava frasi che vorticavano nell'aria.

-Sono lo spirito della vendetta e tu sei uno che è stato ingannato dalla cosa che porti con te. Quell'elmo ha qualcosa di maledetto. E' la causa dei disastri che sono capitati in città.

Il pensiero automatico di Blaze corse all'avventura precedente, all'anello di carne e tessuti ad un altro uomo illuso da un potere promesso. Ci doveva essere un collegamento tra quei due oggetti? Era il suo intuito umano a dirgli che le cose stavano così.

-Chi sei? Dove l'hai trovato.

-E' stato lui a trovare me e a riempire di nuova linfa la mia vena creativa. Ero sull'orlo del fallimento, ero venuto qui in questa baita in cerca dell'ispirazione. L'elmo era dentro una cassapanca. Non sapevo di avere una cosa simile. L'ho indossato e le mie idee sono tornate fresche come un tempo, non ne avevo più di banali,scontate o irrimediabilmente copie di altre già realizzate.

Blaze a differenza di lui sapeva dove erano finite le sue brutte storie, animate dall'elmo erano andate a succhiare la vita e la mente ai cittadini di Cape Perpetua.

-Tu vuoi portarmi via l'ispirazione relegarmi all'abisso in cui mi trovavo prima, non lo farai, non avrò più cattive idee.

-Non sai quali sono gli effetti di quella cosa, le idee che dici cattive vengono tolte dalla tua testa e prendono vita e trasformano le vite degli abitanti di questa città come se fossero i protagonisti di quelle storie.

-Quello che dici è folle anche se ammetto che come idea non è affatto male. Tu scheletro che parli come un uomo sei la personificazione dell'invidia di chi vorrebbe la mia mente, possedere idee come le mie.

Senza dire altro lo scrittore indossò l'elmo.

-Posso sintonizzarmi sul tuo personaggio e preparare qualcosa che sia adatto a te scheletro.

Portò le dita sull'elmo all'altezza delle tempie e subito un raggio di parole colpi Blaze. Sbattuto fuori dalla porta solo la quercia fermò il suo volo.

Strane ombre lo circondarono. Fino a quel momento era rimasto immune dalla forza delle cattive idee. Era rimasto invischiato nella trama dello sceriffo, ma non ne aveva vissuta una sua. Adesso era il suo turno.

-Non è possibile.- disse prima che il raggio repulsore di Iron Man lo colpisse nello stomaco.

Eppure quelli che lo circondavano erano proprio i vendicatori più famosi.

-E' stata una pessima idea farti entrare nel nostro gruppo, pensavamo di poterti aiutare a controllare lo spirito della vendetta, ma non è stato così e hai ucciso Visione e Scarlet.

A parlare era Capitan America in persona.

-Concordo con te Cap, questa di Ghost Rider nei vendicatori è l'idea più brutta che ci sia mai stata.

Ghost Rider si rialzò giusto in tempo per evitare il martello di Thor, ma non la mano enorme di Giant Man che, grande come la quercia, era intenzionato a spremerlo nella sua morsa.

Ghost Rider incendiò il suo corpo costringendolo a liberarlo. Non erano reali. Erano proiezioni della cosa che stava attaccata al suo corpo e sussurrava le parole che animavano quegli eroi.

-Temo che farà male.- presa la catena fece in modo di colpirsi la schiena. L'essere evaporò lasciando solo nell'aria un puzzo di parole cattive.

Ghost Rider tornò dentro la baita, ma non c'era più nessuno. Lo scrittore e l'elmo non c'erano più. Si avvicinò al tavolo dove stava scrivendo. Nella macchina da scrivere c'era un foglio bianco. Bianche erano anche le pagine sistemate di fianco, rilegate in un libro senza parole.

-L'elmo gli ha fatto credere di stare scrivendo il suo best seller e adesso chissà dov'è finito.

Aprì un cassetto trovando uno un piccolo diario. Incise sulla copertina due lettere come stampate a fuoco: D.C.

-Questo lo prendo io.

Mark comparve sulla soglia.

-Cosa è successo?

-Posso solo dirti che la storia è appena cominciata.- disse Blaze e poi concentrandosi riprese la sua forma umana.

-Ti riporto in paese e poi cercherò di scoprire qualcosa di più su questa D.C.

La quercia rimase lì a vigilare sulla baita tornata normale. Blaze e Mark erano ormai lontani e non si accorsero delle parole che sgorgarono dal foro e presero la forma di un gufo che volò via nel cielo,

 

FINE